martedì 6 aprile 2010

Elette PD alle regionali: 35 su 218 una vergogna




Il centrosinistra parla solo al maschile (da il Fattoquotidiano)





La politica è fatta dagli uomini e serve agli uomini. Anche quella del centrosinistra, che pure si è data più volte, tra statuti, regolamenti e codici etici, la regola del 50 per cento, almeno della composizione delle liste. La dimostrazione viene dal numero delle elette del Partito democratico alle Regionali: appena 35 donne su 218 candidate. In tutta Italia. Numeri che ci fanno precipitare (qualora ce ne fosse stato bisogno) agli ultimi posti delle classifiche mondiali. E che farebbero venire i brividi alle nostre madri Costituenti. Poche donne in lista, pochissime le elette. Quale meccanismo non ha funzionato? “Il Partito democratico nel Lazio ha avuto grandissime difficoltà, non è stato neanche in grado di esprimere un candidato presidente – spiega l’assessore regionale uscente all’Agricoltura, Daniela Valentini, non rieletta – e in un momento di crisi, le donne sono le prime a pagare. Lo diceva già Togliatti. Prima di tutto non è stata rispettata la regola, prevista dal regolamento, secondo cui andrebbero candidati uomini e donne in successione alternata”. Eppure lo aveva detto l’allora segretario Veltroni, alla prima assemblea costituente del Pd a Milano. Non è passato molto tempo. “Sembra un’eternità – continua Valentini – questo non è il partito che noi volevamo. E non è che è diventato un’altra cosa, non c’è proprio. E’ talmente incartato su se stesso da non riuscire a guardarsi intorno. Al suo posto ci sono gruppi di potere che fanno riferimento a singoli. Uomini”. Daniela Valentini è una donna dal lungo passato politico: da presidente di municipio a presidente dell’Ama (l’azienda romana per i rifiuti), da assessore al commercio nella prima giunta Veltroni ad assessore all’agricoltura con Marrazzo. Un operato riconosciuto da molti, ma che evidentemente non è stato premiato. “Mi sono resa conto subito che sarebbe stata una campagna difficile, quando ho visto che il secondo in lista, dopo il vicepresidente Montino, era un altro uomo. Non ho detto nulla perché non dovevo essere io a dirlo. Poi ho condotto una campagna dura ma entusiasmante, che mi ha portato grande forza tra la gente, ma una forte debolezza nel voto organizzato”. I gruppi di potere, formati da uomini, sostengono gli uomini. Con buona pace delle politiche di genere. Eppure quelle poche donne che fanno parte dei vertici del Pd, le varie Bindi, Finocchiaro, Turco, non hanno preso una posizione netta rispetto alla composizione delle liste e ai risultati sconfortanti delle urne. “Le donne nei gruppi dirigenti, se non c’è una forza collettiva – prosegue Valentini – sono sole e hanno molto meno coraggio per fare una battaglia politica interna. E poi a volte si dimenticano di quelle condotte tempo fa, ma pensano, pur di rimanere nei gruppi dirigenti, di adeguarsi un po’. Le donne non sono eroine. Del resto, lo vediamo dalla società, che è in crisi come la politica: siamo le prime a pagare. Intorno a noi c’è un silenzio assordante. Eppure ci sono donne meravigliose, che non parlano perché non hanno una rete”. E’ questo il punto, per Daniela Valentini, non c’è una rete. Il Pd ha perso un’altra occasione: perché nello statuto, l’articolo 25 prevede esattamente una “Conferenza permanente delle donne democratiche”, un “luogo di elaborazione delle politiche di genere, di promozione del pluralismo culturale, di scambio tra le generazioni, di formazione politica, di elaborazione, di proposte programmatiche, di individuazione di campagne su temi specifici”. Donne per le donne, quindi.

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