Dal blog di Loredana Lipperini Lipperatura:
Sono in attesa di leggere il libro di Caterina Soffici, Ma le donne no, con curiosità, interesse e gioia: è magnifico che i libri sulla cosiddetta questione femminile si stiano finalmente moltiplicando quando, fino a tre anni fa, erano considerati robetta vintage. Vorrei anche leggere il testo inglese di cui parla oggi Repubblica, che riguarda le bambine, e non solo.
E’ importante. Perchè non sono solo le bambine che sognano di diventare veline quelle a cui viene richiesto di conformarsi a un modello adulto. Tira la giovin scrittrice di bell’aspetto, e non importa il contenuto? Bene, c’è chi si vanta di pubblicare “l’esordiente più giovane d’Italia”, spacciando la faccenda per operazione culturale (meglio autrice che cubista). Pollice verso, e vergogna.
Di seguito, l’articolo di Gabriele Pantucci sul libro di Natasha Walter.
In un grande magazzino londinese Natasha Walter sconfina involontariamente nel piano riservato all’infanzia e confessa il proprio sbalordimento. Ha l’impressione d’aver inforcato un paio d’occhiali con le lenti rosa. Nel suo nuovo libro Living Dolls. The Return of Sexism racconta infatti di come, nel banco dove le ragazze possono dipingersi le unghie, si passi « dal rosa mandorla di Barbie alla tinta fragola della Bella Addormentata di Disney, al rosa latteo di Bay Annabel, al roseo di Hello Kitty». Per anni le femministe hanno scritto che i bambini vanno incoraggiati a giocare superando i confini tracciati dai loro sessi. Viceversa oggi siamo tornati nel mondo delle bimbe in rosa e dei bimbi in azzurro. Natasha Walter è signora di 43 anni che vive a Londra con due figli e un compagno. Laurea a Cambridge, breve soggiorno a Harvard, e poi una carriera che l’ha vista transitare da Vogue alla vicedirezione letteraria di The Independent, a The Guardian. In parte una tradizione famigliare: suo padre - noto anarchico - fu per parecchi anni il caporedattore del Times Literary Supplement. Dodici anni fa la Walter scrisse The New Feminism che le garantì una posizione preminente nel femminismo del Regno Unito. Questo suo nuovo libro ci dimostra come la situazione si sia deteriorata. Il femminismo aveva parole chiave come “liberazione” e “scelta”. Oggi i termini sono stati cooptati da una società che vende alle donne una visione della femminilità ritoccata e iper-sessualizzata, definita dalla pubblicità, dalla televisione e dalle riviste.
Prosperano i night club come quello in cui ci introduce l’autrice: il Mayhem di Southend. Un grande letto vuoto domina il locale in attesa della gara Bimbe a Letto. La vincitrice si guadagnerà un contratto di modella con la rivista Nuts. Le candidate arrivano in hotpants anni ‘70 e si muovono sul letto incoraggiate dal pubblico maschile. Persino le università tendono a occuparsi di pornografia senza l’occhio critico degli anni Ottanta.
La prostituzione viene resa attraente e valorizzata con serie televisive come Belle de Jour. Ispirata da un noto blog. Solo recentemente, tardi per il libro della Walter, si è scoperto chi si celasse dietro il nome d’arte della signorina che aveva scelto di prostituirsi.
“Belle de Jour” è una scienziata, di 34 anni, che vanta un dottorato in neurotossicologia ed epidemiologia del cancro. Si era dedicata a questa attività per finanziare gli studi che le hanno fruttato il titolo accademico. Scoperta, la dottoressa Magnanti ha spiegato di non aver alcun rimpianto, anzi l’attività le aveva dato potere nei confronti degli uomini. Un epilogo curioso e sarebbe stato interessante conoscere quanto questa rivelazione poteva cambiare il punto di vista della Walter sulla serie tv e sul blog.
Ma le prospettive per il femminismo cui s’ispira Natasha Walter non sono incoraggianti. Come lei scrive, «oggi trionfa la donna oggetto sessuale». Anche la maggiore eguaglianza politica che sembrava si fosse sviluppata nei primi anni dei governi di Blair e di Clinton sta scomparendo. Le donne continuano a svolgere la maggior parte del lavoro domestico. La diminuzione della forbice tra i redditi dei due sessi si è fermata. In Gran Bretagna nel 2002 il 40 per cento dei posti da alti dirigenti erano occupati da donne, nel 2007 sono scesi al 22.
D’altra parte, come ricorda l’autrice, esiste anche un corposo filone di “pseudoscienza” che ripropone molte differenze di genere come innate e biologiche piuttosto che frutto di fattori sociali. Teorie che sembrano sempre più accettate e diffuse. Questa analisi viene sviluppata nella seconda parte del libro che si chiama appunto “nuovo determinismo” e che mostra come moltissimi stereotipi abbiamo ripreso piede. In Inghilterra, dove il libro è uscito da poco, le recensioni sono state molto positive e sconsolate, perché «purtroppo, la Walter ha ragione».
(pubblicato online su Lipperatura il 23 febbraio 2010)
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